Tra le piante più importanti che caratterizzano, con molte specie, i prati umidi e gli ambienti paludosi di torbiera vanno annoverate pure le Orchidee.
Le specie presenti in questi luoghi sono logicamente legate all’acqua e sono tutte specie rare, se non addirittura in via di estinzione poiché necessitano di terreni incontaminati, cosa sempre più difficile ai nostri giorni.
Fra le varie specie troviamo: Dactylorhiza majalis-fistulosa, Dactylorhiza cruenta e Dactylorhiza incarnata.

Le orchidee sono piante che suscitano sempre una particolare emozione per la loro bellezza. A volte, però, per osservare alcune specie di dimensioni molto ridotte, come per esempio la Listera cordata, e colori tutt’altro che sgargianti è necessario un occhio ben addestrato.



Tipiche di questo ambiente sono anche le Drosere, piccole piante carnivore.
Esse hanno suscitato e suscitano sempre un particolare fascino, anche a causa di molte credenze popolari e di vari fantasiosi racconti ottocenteschi contenenti terrificanti descrizioni di alberi serpente, fiori della morte e piante mangiatrici di uomini.
In realtà si tratta di piccole piante che si confondono facilmente con gli sfagni sui quali si insediano.
Nelle poche torbiere dove ancora vegetano si possono intravedere, qua e là, delle macchie rosse, che spiccano sul resto della vegetazione, dovute alla colorazione delle foglioline delle colonie di Drosere.
Ricordiamo Drosera rotundifolia, Drosera anglica e Drosera intermedia.



Una pianta carnivora diffusa un tempo nelle torbiere di pianura, frequente negli acquitrini, nei fossati e nelle risaie, è la Utricularia vulgaris o Erba vescica dai graziosi fiori di colore giallo oro.

Mentre le Drosere presentano le foglie fittamente ricoperte da capsule ghiandolari rossastre (brillanti e simili a goccioline rosse) che contengono un liquido vischioso e ricco di sostanze zuccherine con il quale attirano e catturano gli insetti, l’Utricularia dispone di un “sistema idraulico”. Essa, vivendo a mezz’acqua, senza essere ancorata al fondo perché priva di radici, ha sviluppato le trappole per la cattura delle prede in forma di piccole vescicole dotate di pareti elastiche e chiuse da un esile lembo. Quando un insetto sfiora i peli tattili situati all’entrata delle vescicole queste si aprono istantaneamente provocando un flusso d’acqua che risucchia il malcapitato all’interno dove viene imprigionato e digerito.



Anche nell’ambiente di torbiera alpina sono presenti delle altre piante carnivore che si spingono addirittura fino ai 2.600 metri di altitudine: sono le Pinguicole.

Queste sono piante di medio-piccole dimensioni (altezza massima intorno ai 20 centimetri) con foglie basali, disposte a rosetta. Le foglie sono ricoperte da un’infinità di ghiandole (circa 25.000 per centimetro quadrato) che hanno il compito di secernere una sostanza profumata ed appiccicosa che intrappola gli insetti che la toccano. Questo liquido è anche ricco di enzimi digestivi che scioglieranno il corpo della preda.

La foglia si arrotola attorno alla preda fungendo, secondo la definizione che diede Charles Darwin, da “stomaco temporaneo” fino a completa assimilazione, poi si riapre, pronta per un’altra caccia.
Le specie presenti sono tre: Pinguicola vulgaris, P. leptoceras e P. alpina.





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