L'interesse dell'uomo per queste piante risale
a tempi antichissimi. Sappiamo che le loro straordinarie proprietà, sia
commestibili sia tossiche, erano in parte conosciute anche dagli antichi
cinesi, dai greci e dai romani. È noto a questo proposito che grazie
a dei funghi velenosi, ne154 d.C., Agrippina si sbarazzò del marito, l'Imperatore
Claudio, per facilitare l'ascesa al trono del figlio Nerone.
Il significato della parola "fungo" è purtroppo infausto: deriva dal latino
funus-ago e vuol dire "portatore di morte".
Spetta al filosofo e naturalista persiano Avicenna (980-1037) l'aver descritto
per primo, nelle sue opere in lingua araba, che i funghi con il cappello
di colore verde o giallo-verde sono sicuramente mortali. Egli si riferiva
senz'altro all'Amanita phalloides. Ignorava che altri funghi con
il cappello verde sono eccellenti e commestibili, come per esempio la
Russula virescens.
Tale colorazione è, naturalmente, dovuta a dei pigmenti che sono però
chimicamente di natura diversa rispetto alla clorofilla.
Possiamo supporre ch,e dopo un inevitabile periodo di "apprendistato"
in cui con ogni probabilità pagò lo scotto dell'inesperienza con decessi,
coliche, indigestioni, l'uomo non solo riuscì a distinguere abbastanza
bene le specie fungine mangerecce da quelle tossiche o soltanto indigeste,
ma riuscì anche a coltivarne alcune.
Il medico greco Nicandro (II sec. d.C.) descrive un metodo per ottenere
dei funghi, forse delle Psalliote, oggi conosciute come genere Agaricus,
scavando delle buche ai piedi delle piante di fico e riempiendole con
del letame. Anche il medico greco Dioscoride, vissuto nel I secolo d.C.,
ci descrive una tecnica per la coltivazione di un fungo allora ritenuto
squisito, il pioppino (Agrocybe aegerita), apprezzato anche ai
nostri giorni. Si tritava della corteccia di pioppo e la s'interrava su
terreno ricco di sostanze organiche, in prossimità di alberi di pioppo.
Spettava poi al vento liberare e depositare le necessarie spore di alcuni
funghi spontanei presenti nella zona ed era quindi sufficiente attendere
alcuni mesi per poter raccogliere i primi funghi.
Anche Andrea Cesalpino, celebre medico aretino del millecinquecento, si
prodigò alla coltivazione del pioppino, con un discreto successo e cercò
di diffondere le sue conoscenze in diversi trattati. Fu il precursore
della moderna micologia, in quanto stese per primo le basi per la loro
classificazione.
Nello stesso periodo Andrea Mattioli, medico e naturalista senese, ci
dà un' ampia panoramica dei funghi più comuni, illustrandoli nella sua
opera più nota "Commentarii in sex libros Pedacii Dioscoridis "; tra l'altro
ci fornisce questa descrizione in relazione alla loro tossicità ed è la
più convincente prova di quanto cammino ancora si doveva fare nella conoscenza
della biologia dei funghi: "Sono funghi di due specie,
cioè buoni da mangiare e mortiferi. Le cause perché nascono velenosi
sono molte, cioè quando nascono ove siano chiovi di ferro rugginosi o
panni fradici o che appresso a qualche caverna di serpenti. Quelli che
sono tali hanno sopra di loro una certa viscosità mollicchiosa e subito
che sono raccolti si putrefano e s'infradiciscono ...... che mangiati
nocciono e strangolino, quando non si possano digerire e generino quel
morbo che si chiama colera".
Funghi assai apprezzati dagli antichi romani erano il Porcino (Boletus
del gruppo edulis) e la squisita Amanita caesarea, al punto
che il grande poeta Marziale cantava: "Ci vuoI poco a regalare oro e argento,
della lana, o una toga; regalare dei boleti questo si che è difficile".
Attualmente buoni risultati si ottengono coltivando gli Agaricus,
il Pleurotus ostreatus e l'Agrocybe aegerita, che si trovano
comunemente in vendita in tutti i mercati ortofrutticoli.
Studi sulla coltivazione del più pregiato di tutti i funghi, il tartufo
sono stati avviati in Francia ed in Italia; sembra che si sia imboccata
la via buona, anche se è troppo presto per una parola definitiva in proposito.
Gli uomini non sono i soli a coltivare
i funghi per uso alimentare; esistono due generi di formiche (Acromyrmex
e Atta), proprie delle foreste sudamericane, che effettivamente
coltivano il micelio di un particolare fungo, dal quale dipendono
per la loro stessa sopravvivenza. Vengono chiamate "Formiche taglia-foglie
o formiche porta-ombrello". Costituiscono delle società popolatissime
a volte con oltre 500 mila individui e sono in grado di scavare
dei profondi nidi nel terreno, eccezionalmente grandi, con migliaia
di celle da cui escono interminabili file d'operaie che si arrampicano
sugli alberi alla ricerca delle foglie più tenere che tagliuzzano
con le forti mandibole, portandone poi i frammenti a nido. Questi
sono ulteriormente sminuzzati e vanno a formare il substrato della
fungaia dove crescono i funghi.
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